giovedì 17 novembre 2016

Snake Pit - Serpenti all'opera


Snake Pit è il classico gioco che nasce da un’idea semplice ma che ha una giocabilità disarmante.
Questo gioco (che io ho giocato sul Commodore Vic 20) è tutto questo … semplice nell’idea ma fantastico nella giocabilità.
Fa parte dei giochi che io oso definire “ciliegia”, dove una partita tira l’altra.
Fa parte di quei giochi dove si dice: “Adesso faccio l’ultima partita e poi smetto” e dopo 10 partite si è ancora lì a non riuscire di smettere.
Questo gioco datato 1982 è veramente favoloso!
Graficamente è anche fatto bene se si pensa su quale macchina gira e su quanta memoria deve lavorare.
Praticamente il nostro protagonista è una faccina bianca sorridente che deve girare per l’intero schema mangiando le palline disseminate lungo l’area di gioco.
Peccato che il nostro percorso non sia così semplice, dato che dentro  tutta l’area di gioco troviamo un bel po’ di serpenti colorati che non aspettano altro che mangiarci.
Questi serpenti (riprodotti davvero bene) incutono un gran terrore e non è assolutamente semplice cercare di evitarli per mangiare le nostre palline.
L’unica arma che abbiamo in nostro favore è cercane di raggiungere la coda dei nostri nemici dove li possiamo abbattere ed eliminare.
Arrivati ad una delle code il nostro omino percorre automaticamente il serpente fino alla testa e lo fa sparire … ma il tutto non è così semplice.
Mangiate  le palline ed eliminati i vari serpenti, si passa allo schema successivo che sarà più difficile del primo.
Giochi così dovrebbero essere tutt’ora messi all’opera anche nei moderni Pc/Console.
Sono dimostrazioni che quel che conta nei videogames non sono le grafiche super mega dettagliate con frame che fanno vedere i peli sulle braccia.
Questi giochi sono la dimostrazione che basta una semplice buona idea per rendere giocabile e divertente una serata davanti al nostro monitor.
Beati giochi di un tempo…. Quanto mi mancate!

venerdì 4 novembre 2016

Cartucce - Un emozione senza tempo


        

L’emozione più grande che mi ha dato il Commodore Vic 20 è stato quando per la prima volta ho preso in mano una cartuccia.
Come detto in uno dei primi post di questo blog, insieme all’acquisto del fratellino minore di casa Commodore (che è stato il primo oggetto videoludico che ho avuto) ho portato a casa un gioco su cartuccia dal nome di “Omega Race”.
Questi giochi avevano la particolarità di essere dentro una scatola con sfondo grigio/argento costellato dai colori più accesi.
Queste scatole avevano il logo “VIC 20” arcobalenato bello in alto mentre il logo della mitica Commodore si trovava sulla parte inferiore.
Nel centro della scatola c’era il titolo forgiato di un’immagine che parlava del gioco.
Immagini favolose, spettacolari, disegnate veramente bene …. Un acchiappo fantastico per chi gognava uno dei giochi per questa macchina straordinaria.
Quando si prendeva in mano una di queste scatole, guardando le scritte e l’immagine, si andava con la mente a fantasticare immaginandoci il disegno che si concretizzava sulla tv di casa sotto segno di pixel.
Già … i pixel … quello che vedevamo sulla tv per noi non era quello che in realtà appariva …  perché mentre giocavamo quell’omino deforme che vedevamo solo con gli occhi, in realtà lo immaginavamo come compariva nella scatola.
Durante il gioco molto era lasciato all’immaginazione.
Ognuno vedeva l’eroe davanti alla tv a modo suo e sicuramente non come appariva sullo schermo.
Ed ecco che (per esempio) l’astronave di “Omega Race” non era un triangolino, ma un astronave modello Star Wars che combatteva contro nemici pericolosi.
Ecco che “Clowns” non era fatto da omini stilizzati come si vedeva nella tv, ma la nostra mente li vedeva come veri e propri pagliacci vestiti e truccati di tutto punto come nel circo Orfei.
Dentro la scatola c’era il manuale della spiegazione del gioco ed ovviamente quello veniva letto di tutto punto e attentamente dalla prima all’ultima riga, senza perdersi una sola parola.
Io non so voi, ma ultimamente quando mi capita di comprare un gioco, tutto faccio fuorchè leggere il manuale della spiegazione del videogames.
Un tempo invece non si buttava via niente, tutto quello che c’era nella scatola veniva attentamente preso in considerazione.
E poi  arrivava lei…la cartuccia…bella, solida e bianca.
Che ci guardava con quella scritta monocolore e quei denti dorati da infilare nello slot apposito del Commodore.
E lì, una volta infilata, si apriva davvero un mondo …fatto di immaginazione e allegria.