Come detto
in uno dei primi post di questo blog, insieme all’acquisto del fratellino
minore di casa Commodore (che è stato il primo oggetto videoludico che ho
avuto) ho portato a casa un gioco su cartuccia dal nome di “Omega Race”.
Questi
giochi avevano la particolarità di essere dentro una scatola con sfondo
grigio/argento costellato dai colori più accesi.
Queste
scatole avevano il logo “VIC 20” arcobalenato bello in alto mentre il logo
della mitica Commodore si trovava sulla parte inferiore.
Nel centro della
scatola c’era il titolo forgiato di un’immagine che parlava del gioco.
Immagini
favolose, spettacolari, disegnate veramente bene …. Un acchiappo fantastico per
chi gognava uno dei giochi per questa macchina straordinaria.
Quando si
prendeva in mano una di queste scatole, guardando le scritte e l’immagine, si
andava con la mente a fantasticare immaginandoci il disegno che si concretizzava
sulla tv di casa sotto segno di pixel.
Già … i
pixel … quello che vedevamo sulla tv per noi non era quello che in realtà appariva
… perché mentre giocavamo quell’omino
deforme che vedevamo solo con gli occhi, in realtà lo immaginavamo come
compariva nella scatola.
Durante il
gioco molto era lasciato all’immaginazione.
Ognuno
vedeva l’eroe davanti alla tv a modo suo e sicuramente non come appariva sullo
schermo.
Ed ecco che (per
esempio) l’astronave di “Omega Race” non era un triangolino, ma un astronave
modello Star Wars che combatteva contro nemici pericolosi.
Ecco che “Clowns”
non era fatto da omini stilizzati come si vedeva nella tv, ma la nostra mente
li vedeva come veri e propri pagliacci vestiti e truccati di tutto punto come
nel circo Orfei.
Dentro la
scatola c’era il manuale della spiegazione del gioco ed ovviamente quello
veniva letto di tutto punto e attentamente dalla prima all’ultima riga, senza
perdersi una sola parola.
Io non so
voi, ma ultimamente quando mi capita di comprare un gioco, tutto faccio fuorchè
leggere il manuale della spiegazione del videogames.
Un tempo
invece non si buttava via niente, tutto quello che c’era nella scatola veniva
attentamente preso in considerazione.
E poi arrivava lei…la cartuccia…bella, solida e
bianca.
Che ci
guardava con quella scritta monocolore e quei denti dorati da infilare nello
slot apposito del Commodore.
E lì, una
volta infilata, si apriva davvero un mondo …fatto di immaginazione e allegria.
Il vic20 è stato il mio primo computer. Ricordo che andai in Sicilia, a trovare i parenti, e mio cugino aveva un meraviglioso Atari 2600, con questo gioco galattico: Defender. Ci giocammo insieme un bel po', poi, tornato dalle mie parti, in provincia di Venezia, pregai i miei genitori perchè, per il compleanno, mi regalassero Defender per Vic20. Si rivelò essere una conversione galattica (secondo me quasi superiore anche a quella per C64): veloce, accurata, e soprattutto dotata di caricamenti istantanei, grazie al supporto fisico, ossia la magnifica cartuccia dai dentino dorati che hai descritto nel post. Da quel momento il Vic20 diventò una specie di Mame Machine, che però caricava continuamente Defender. Feci anche un bel record, e scattai le foto per inviarle a Videogiochi (editoriale Jackson), ma troppo scure. Come dici tu, la copertina della cartuccia evocava fantasie pazzesche, ed è proprio vero che la grafica era simile alla lettura di un libro: buona parte dell'impatto visivo, in realtà, avveniva nella nostra fantasia. Bei tempi, che ahimè non torneranno più. Bel post. Bravo.
RispondiEliminaGrazie davvero per i complimenti!!!!
EliminaE' vero quel che dici, sono bei tempi che non torneranno più.
Per fortuna che esistono i ricordi e quelli nessuno ce li può cancellare